lunedì 1 giugno 2009

Conservare il cordone ombelicale











Avete mai sentito parlare della banca svizzera della crioconservazione del cordone ombelicale? Per chi non sa, potrebbe sembrare una cosa inutile e ridicola.

Parlando con alcuni miei colleghi in ospedale, si constatava che c'è ancora scarsa conoscenza su un argomento tanto importante come questo ed una mia collega ci diceva che ha deciso di conservare i cordoni ombelicali di tutti i suoi nipoti, come dono per la loro nascita.

In effetti è un regalo davvero prezioso, con la speranza che non debba mai servire.
I cordoni ombelicali sono infatti ricchi di cellule staminali, cellule allo stadio iniziale perciò totipotenti, cioè in grado di trasformarsi in qualsiasi cellula del nostro organismo.

Conservare il proprio cordone ombelicale, significa in caso di necessità, avere disponibili cellule compatibili col nostro organismo.
Sono ad esempio utilissime nel caso dell'insorgere di Leucemie, in luogo di un trapianto di midollo osseo eterologo. Si evitano così liste d'attesa e rischi di rigetto.

Buttare i cordoni ombelicali è un grande spreco, potrebbero salvare delle vite!
Questa è una delle cose che lo Stato dovrebbe promuovere, ma quando si tratta di cose simili, come al solito non si preoccupa di fare investimenti!

Spero che in questo modo qualche persona in più venga a conoscenza di quanto bene si possa fare con il semplice gesto di donare il cordone ombelicale del proprio bambino,che altrimenti verrebbe inutilmente gettato ed invece può dare speranza di sopravvivenza magari ad altri bimbi, che combattono con la Leucemia.

Inoltre il cordone ombelicale costituisce una donazione non invasiva e dolorosa come può essere un prelievo di midollo osseo.

Mi raccomando, pensateci , non siate superficiali, informatevi sulle procedure di donazione al momento del parto, in questo modo sarete madri due volte!


Il mio rifugio regale















Se vi capita di venire nella mia amata Campania, non potete assolutamente, non visitare la grandiosa Reggia di Caserta con il suo spettacolare palazzo pieno di storia ed arte ed il suo stupendo e vasto parco.
Essa fu voluta da re Carlo di Borbone ed ideata dall'architetto Luigi Vanvitelli(In realtà Lodewijk van Wittel).
Il re voleva edificare un palazzo reale, che emulasse o addirittura superasse le più superbe regge allora esistenti. Bisogna riconoscere, che è stato creato un complesso davvero unico.

Essendo poco distante dal mio paese, essa è stata spesso meta di gite con la mia famiglia ed i miei amici e ne conservo dolcissimi ricordi!
Quando appena diciottenne presi la tanto sospirata patente (Tanto desiderata, che già a dodici anni sapevo guidare), d'estate, finita la scuola, amavo andare con sorella, cugina ed amiche a bordo della mia spider bordeaux(Fiat 126) a visitare i luoghi turistici più amati dei dintorni: Pompei, Ercolano, i musei di Napoli e soprattutto 'Lei'...la Reggia di Caserta.
Ogni visita era accompagnata da sempre rinnovata eccitazione.
Tonificate dall'aria frizzantina del mattino presto ci presentavamo al cospetto ed all'ombra della maestosa ed immensa facciata rosata del palazzo, che ci faceva sentire piccole piccole. Ci trovavamo davanti la gigantesca arcata dell'ingresso di buon'ora, munite di scarpe e vestiti comodi e dei nostri zainetti termici con la merenda, perchè avremmo varcato nuovamente quella soglia solo all'ora di chiusura nel tardo pomeriggio. Ci aspettavano infinite meraviglie da contemplare!

La prima tappa era il palazzo con le sue immense e spettacolari stanze, il teatro, il presepe napoletano di Cuciniello e già questa visita prende mezza giornata.

Tutto l'insieme ti fa stare in estatica contemplazione, ma dove la sensazione di libertà e benessere raggiunge l'apice, è nel meraviglioso parco ricco di vasche, fontane, statue, costruzioni architettoniche, piante di ogni genere e soprattutto la grandiosa cascata artificiale.

Appena entrati nel parco si ammira la spettacolare visuale centrale della serie di coreografiche fontane, che si susseguono, innalzandosi progressivamente di livello, fino ad arrivare alla cascata.
Esse sono ricche di statue e giochi d'acqua e nelle loro acque sguazzano colorati pesciolini.
Procedendo dall'entrata abbiamo: la fontana Margherita, dei Delfini, di Eolo, di Cerere, di Venere ed infine ai piedi della cascata quella di Diana ed Atteone.
Salire fino in cima alla cascata richiede sforzo fisico, ma ne vale la pena. Io, quando arrivo lassù, refrigerata lungo il percorso dagli zampilli della cascata e dalla frescura della vegetazione, non mi sento affatto stanca, anzi mi sento meravigliosamente bene e mi godo il panorama.

Percorrere questo parco, esplorare le sue meraviglie, mi fa sentire per una giornata fuori dal mondo e dal tempo, lontana dagli impegni e dalle preoccupazioni della vita.

Varie sono le possibilità di esplorazione: la prima è quella che ho appena illustrata, quella centrale delle fontane e della cascata.
Se si va sulla destra troviamo le scuderie e ricordo che da piccola, nel grande prato antistante, quando era permesso, ci si sistemava coi tavolini per i pic-nic. Era piacevole, ma sono d'accordo, che già da molti anni sia vietato fare pic-nic nell'area del parco.
A sinistra c'è un'altra area piena di piacevoli scoperte. Era la zona di caccia ed in passato il re vi lasciava scorrazzare liberi daini ed altra selvaggina.
Qui ci si addentra in un bosco ricco di viali e ruscelli artificiali, presso cui un tempo si potevano vedere libellule e girini ed ai crocicchi si trovano statue e panchine in pietra, su cui riposare.
Qui c'è la Castelluccia, una piccola costruzione in cui si divertivano i principi di corte e soprattutto l'immensa vasca con i cigni, che era la meta più desiderata da noi bambini.
Risento i nostri gridolini e rivedo i nostri sorrisi soddisfatti, quando i cigni e le anatre si avvicinavano alle ringhiere per prendere un pezzetto di pane.

Ma il luogo più ricco di piante ed ulteriori visioni artistiche ed architettoniche è il Giardino Inglese.
Il suo ingresso si trova ai piedi della cascata, avendola di fronte, lo troviamo sulla destra.
Molto spesso qui si possono incontrare coppie di sposi, venute per il loro servizio fotografico di nozze.
Appena entrati, percorrendo il viale di sinistra, scopriamo un piccolo anfiteatro. Ma è sulla destra che si estende la maggior parte del giardino.
Procedendo in questa direzione, troviamo la prima camelia, piantata in Europa e c'è una targa a ricordarlo.
Seguendo un corso d'acqua artificiale, scopriamo volta per volta le perle artistiche ed architettoniche del giardino.
Ad un certo punto si entra in una grotta, anch'essa artificiale, in cui si trova uno specchio d'acqua ed una statua di Venere nuda ed accovacciata, in procinto di farsi un bagno ed è per questo che è chiamata Bagno di Venere. Qui c'è anche la riproduzione di un rudere di Pompei antica, costruito simmetricamente.
Continuando a seguire il corso d'acqua, vediamo che viene interrotto da una cascatella e poi prosegue fino ad un laghetto, ricco di ninfee e con un tempietto romano al centro.
Si prosegue poi con una serie di fontane, ritornando verso l'uscita, fino ad arrivare ad una grande e splendida serra, in cui venivano riparate le piante più delicate in inverno.
Infine troviamo un edificio, in cui si svolgono manifestazioni, tra cui una mostra di giardinaggio, che si svolge ogni anno nel mese di Giugno.

Negli ultimi anni si è aggiunto un nuovo aspetto di grande attrattiva e suggestione: percorrere il parco di sera, illuminato con coreografie di luci spettacolari ed ascoltare, lungo il percorso costellato da altoparlanti, la storia e le caratteristiche di questo sontuoso complesso.
Ho vissuto anche questa esperienza e ve la consiglio vivamente. Vi rilasserà ed emozionerà ed andrete a dormire più sereni. Naturalmente potrete viverla solo nei mesi estivi.

Se volete approfondire la conoscenza sull'argomento, visitate questi due siti:

http://www.reggiadicaserta.org/

http://it.wikipedia.org/wiki/Reggia_di_Caserta











Creata la rosa blu





















Di rose blu ho già parlato nel mio primo post su Myspace http://blogs.myspace.com/index.cfm?fuseaction=blog.view&friendId=215076442&blogId=306183236 e come ogni appassionato di giardinaggio sa, le rose blu in natura non esistono ed è sempre stato il sogno di ogni selezionatore di rose ottenerle.
Anch'io da ragazza, essendo un'amante del giardinaggio ed in particolare della coltivazione delle rose, sognavo di potermi dedicare un giorno alla sua creazione.

Come accennai anche in quel post, si stava cercando di ottenerle con la manipolazione genetica. Certamente è molto meno romantico che ottenerle naturalmente, ma anche questa è una materia molto interessante, almeno per i miei gusti, infatti è anch'essa una delle mie grandi passioni.

In effetti la genetica ha a che fare anche con il giardinaggio tradizionale, come ricorderete dai vostri studi scolastici, le Leggi sull'ereditarietà di Mendel furono formulate grazie a studi su piante di piselli.

Risale al Novembre dello scorso anno la notizia della creazione in laboratorio delle prime rose blu e la ricerca, che è stata pubblicata sulla rivista "Nature Cell Biology", appartiene a scienziati dell' Università "Vrije" di Amsterdam, ma la coordinatrice è italiana Francesca Quattrocchio, che pur lavorando da vent'anni in Olanda, è in contatto con molti ricercatori italiani ed alcuni di questi hanno partecipato alla ricerca.

Come ci sono arrivati? Clonando i geni, che partecipano al meccanismo, che controlla la colorazione dei petali, il quale si basa sul riuscire a cambiare il livello di acidità nelle cellule dei petali.

Come avviene? Le sostanze che danno il colore ai fiori, sono racchiuse nei vacuoli, che si trovano nei petali, ma per dare le diverse tonalità di colore, è necessario controllare il livello di acididità nei vacuoli: se l'ambiente è acido, i petali saranno rosa o rossi; se è basico i petali diventano blu.

La proteina che controlla questo meccanismo, si chiama PH5 e funziona come una pompa acido-base, cioè capace di modificare l'acidità.
Riuscire a modificare questo gene, significa poter controllare quindi l'acidità nei vacuoli e di conseguenza la colorazione dei petali.
Se il funzionamento della proteina viene spinto al massimo possiamo avere fiori di un rosso acceso, se viene rallentato i fiori saranno blu.
In poche parole si è riusciti ad intervenire su questo singolo aspetto della pianta, disattivando nelle nuove rose blu questa proteina.


Ciao...una rosa blu per voi


:-)